Autore: #MicheleGiancaspro
Cosa hanno in comune i video dei gattini, il governatore della Campania De Luca che minaccia l’uso di un lanciafiamme alle feste di laurea, “Hide the pain Harold”, e varie immagini di Joey, personaggio della serie tv Friends? Sono tutti un meme. Dal greco mímēma, che significa imitazione, il meme, nel mondo digitale, è un contenuto presentato sotto varie forme -foto, video, o anche audio- che replica uno specifico soggetto una molteplicità di volte. In altre parole, è un particolare tormentone che riproduce un tema o contenuto, ma che allo stesso tempo lo smonta, rimonta e giustappone a diversi altri elementi, facendolo poi diventare popolare -o meglio, virale. Ciò che ne risulta è un prodotto alquanto denso e concentrato di significato, che va come decifrato per capirne il senso -il più delle volte umoristico.
Se da una parte questo prodotto culturale, più di ogni altro, ha la capacità di unire le persone e creare un senso di coesione nel mondo dei social e del web, ma anche al di fuori di essi; dall’altra, divide, frammenta e allontana gli utenti. Ma cosa sta dietro questo dualismo del meme?
Il meme, per il contesto in cui viene diffuso – internet – deve essere necessariamente immediato e veloce. Questo comporta una costruzione molto allusiva, non esplicita. Anzi, il non detto, il sottinteso è una componente fondamentale. Il riferimento su cui si basa, difatti, gioca molto su una conoscenza di base che l’audience deve avere, e anche condividere, per poter poi comprenderlo e interpretarlo. Quello che viene visto e ascoltato come prodotto finale non è altro che la punta dell’iceberg, la parte più superficiale di un intero background di informazioni che racchiude.
Vivendo noi oggi in una società molto complessa e frammentata dal punto di vista di formazione personale, conoscenze di base, comportamenti e aspettative, come dice il sociologo Jeffrey Alexander, tutto questo comporta che la ricezione di un meme può portare a una miriade di reazioni diverse. Il medesimo meme, quindi, può essere visto, filtrato e interpretato in un numero quasi incalcolabile di modi, perché la popolazione non è uniforme. Da una parte ci sarà chi intuisce e vede al di là della superficie; da un’altra chi avrà grossa difficoltà ad afferrarne anche l’evidenza. Da una parte ci sarà chi ride; da un’altra chi non verrà minimamente mosso emotivamente. Da una parte ci sarà chi si sente parte di una comunità; da un’altra chi si sentirà escluso da essa.
Riporto questa citazione. “È lui o non è lui?”. Una frase fuori contesto apparentemente, ma in realtà non lo è. Infatti, è un meme. Coloro che hanno tra i propri riferimenti culturali più prominenti la televisione di metà anni 2000, Striscia La Notizia ed Ezio Greggio, dovrebbero aver concluso la formula in modo piuttosto automatico, con un fragoroso – mentale, spero - “Ceeeeerto che è lui!”. Eppure, per tanti che si sono sentiti coinvolti in questo giochino, come fossero parte di un gruppo, molti altri potrebbero non aver colto lo spunto, rimanendo neutri – se non freddi – di fronte a questo tormentone. Non condividendo lo stesso interesse verso il tipo di contenuto, o anche non conoscendolo, se ne sono sentiti in qualche modo esclusi, non coinvolti. Probabilmente, avrebbero riso e reagito a un altro tipo di meme, con un altro soggetto.
A partire da quest’ultimo punto, allargando la visione e generalizzando oltre il caso, quello che si innesca con la diffusione del meme è un vero e proprio meccanismo di specializzazione sia a livello di produzione, sia a livello di ricezione. Nel primo caso, prendendo specifici temi e soggetti -attualità, politica, sport, televisione, storia, per citarne alcuni, o anzi pochissimi- si creano dei contenuti, mainstream o di nicchia che siano, orientati e mirati verso un pubblico che possa riuscire a comprenderli. Il pubblico stesso, che comunque è un agente attivo in questa macchina, va alla ricerca di una categoria di meme che lo faccia ridere, che rispetti le aspettative, e che tratti argomenti di cui sappia qualcosa -almeno le basi. Ciò che avviene, quindi, è un’alta differenziazione, dove produttore e fruitore si orientano, cercano e incontrano mutualmente, creando così gruppi e comunità allineati su uno stesso livello di significati e valori culturali, escludendo tutto quello che non rientra nel loro campo. L’altissimo numero di pagine, gruppi, e comunità presenti sui social media che producono, diffondono e raccolgono i più disparati tipi di meme, per forma e contenuto, sono l’indicatore di come questo processo sia ormai diffuso e, addirittura, continui a espandersi sempre di più, creando una rete sempre più stratificata e complessa.
Quindi, in conclusione, è possibile dire che il meme unisce, creando comunità di persone che si avvicinano e legano tra sé perché uniti da medesimi riferimenti e interessi. Tuttavia, il meme divide, frammentando sempre di più il mondo del web in molteplici e, anche complessi, gruppi di pubblico. Dipende tutto da chi siamo, cosa conosciamo e da che parte siamo.
E tu, ti sei mai sentito incluso oppure escluso, di fronte a un meme? Avevi mai pensato a tutto questo?
#passaportofuturo #meme #memeita #internet #web #comunicazione #fotografia #foto #immagini #pics #cultura #società #attualità #lol #ridere
Grazie mille per il commento più che positivo!
Non avevo mai pensato all'aspetto sociale dei #meme e che il loro successo è legato a fattori più sottili quali la critica, la persuasione, la moda o la pressione del gruppo. Bell'articolo, complimenti!