Nel linguaggio comune serpeggiano diverse concezioni riguardo alla salute mentale e spesso vengono alimentate dallo stigma, molto presente quando si parla di disturbi mentali.
Tale condizione, negli anni, ha attirato l’attenzione da parte della comunità scientifica, la quale l’ha analizzata da più prospettive.
La stessa definizione di salute come “uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità” proposta dall’OMS, enfatizza la necessità di integrare vari elementi alla definizione del benessere individuale e di non considerare la mera assenza di malattia come condizione per la salute.
Infatti, la salute mentale ha avuto una prima fase di concettualizzazione strettamente legata all’assenza/presenza di malattia (anche definita come patogenesi), quindi benessere e malattia venivano considerati come mutualmente escludenti, ovvero in assenza di uno si manifestava l’altro.
Successivamente si analizzò il costrutto della salute mentale secondo una visione più positiva che focalizzava l’attenzione sulla presenza/assenza di affetti positivi e del funzionamento ottimale da un punto di vista affettivo, cognitivo e comportamentale (anche definita salutogenesi).
Infine, si iniziò a parlare di uno stato completo di salute mentale, che prende in esame le precedenti visioni integrandole. Secondo tale prospettiva, la salute mentale è uno stato che necessita sia di assenza di malattia che presenza di funzionamento e affetti positivi, condizione che vede nell’individuo la possibilità di fiorire.
In conclusione, tali concettualizzazioni permettono di capire come la salute mentale sia non solo assenza di malattia ma anche presenza di alcune caratteristiche e abilità che permettono all’individuo di interagire ed agire all’interno della sua quotidianità potenziandone la promozione del benessere.
Pensate che una visione più positiva della salute mentale potrebbe essere un elemento da potenziare nei vari territori per far fronte alle avversità di quest’ultimo anno?
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