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IL SISTEMA DELLE CONCESSIONI BALNEARI



Nelle ultime settimane il tema delle concessioni balneari è passato più volte al vaglio dell’opinione pubblica, soprattutto per quanto riguarda l’estensione della loro durata fino al 2033 ad opera di un emendamento al Decreto Rilancio (legge dallo scorso 17 luglio), che ne ha prorogato per l’ennesima volta la messa a gara dando vita a critiche sollevate, oltre che dall’opposizione, dalla Ragioneria Generale dello Stato.


Le concessioni balneari possono essere volgarmente definite come gli “affitti” che i gestori degli stabilimenti balneari pagano allo Stato al fine di occupare le spiagge e sfruttarle dal punto di vista economico. Alla base delle critiche mosse dalla Ragioneria dello Stato vi sono le cifre irrisorie a cui sono fissati i canoni di concessione, grazie ai quali le circa 30.000 imprese coinvolte versano allo Stato (dati del 2016) poco più di €103 mln annui contro un giro d’affari degli stabilimenti che Nomisma stima essere di almeno €15 mld annui. Casi eclatanti sono ad esempio il Twiga, che annualmente versa €17.000 con un fatturato di €4 mln, e il Papeete, €10.000 contro €3 mln di fatturato.


Al di là della sproporzione tra i canoni di concessione e gli introiti stagionali, l’estensione della durata delle concessioni balneari si pone in netto contrasto con la Direttiva Bolkestein, approvata nel 2006 dalla Commissione Europea, la quale stabilisce che le concessioni pubbliche devono essere affidate ai privati tramite gare, così da migliorare i servizi offerti e garantire a qualsiasi concorrente l’accesso alle concessioni in scadenza. Inoltre, con una sentenza del 14 luglio 2016, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito la necessità di disapplicare le disposizioni nazionali che prevedono proroghe automatiche delle concessioni balneari. L’esecutivo, rimandando al 2033 l’applicazione della suddetta disciplina, si espone al rischio che la Commissione Europa dia avvio ad una procedura di infrazione contro lo Stato Italiano.


Nonostante tale proroga abbia lo scopo di sostenere il settore post COVID-19, credete sia compatibile con la necessaria riforma di un sistema evidentemente iniquo?





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